Vi Presento David

David (Bakary David) sull’isola di Lampedusa dopo il salvataggio nel Mar Mediterraneo. Lampedusa, Italia; maggio 2017. ©Pamela Kerpius

David (Bakary David) sull’isola di Lampedusa dopo il salvataggio nel Mar Mediterraneo. Lampedusa, Italia; maggio 2017. ©Pamela Kerpius/Migrants of the Mediterranean

 



Vi presento David.

Ha 19 anni ed è originario di Serekunda, in Gambia.

Per raggiungere Lampedusa ha attraversato sei paesi: il Gambia, il Senegal, il Mali, il Burkina Faso, il Niger e la Libia, il paese più pericoloso di tutti.

Il suo viaggio è durato due anni.

Ci ha messo due settimane e cinque giorni per arrivare ad Agadez, in Niger, dove si è fermato per una settimana.

Dice che da Agadez il viaggio è diverso perché le persone che poi ti porteranno verso le altre tappe del viaggio sono trafficanti libici.

Ha attraversato il deserto del Sahara su un pick-up con altre 38 persone. “Sembrava di essere su un altro pianeta”, dice. Aveva 10 litri di acqua con sé. Il viaggio è durato due giorni e mezzo senza fermate, e sono sopravvissuti tutti.

La sua prima tappa in Libia è stata Gadron* dove è rimasto per due mesi vivendo al secondo piano del palazzo in cui lavorava come addetto alle pulizie e lavapiatti.

La tappa successiva in Libia è stata Sebha,  è rimasto confinato per un mese.

“Ad essere sinceri, a  Sebha stavo bene.”. Aveva un amico arabo che lo aveva preso sotto la sua protezione e gli forniva di tutto; dal buon cibo, come pollo e stufato, ai vestiti. Il suo amico gli ha persino pagato il viaggio fino a Tripoli.

Le cose sembravano andare lisce per David. Una volta raggiunta Tripoli, sapeva che l’Italia sarebbe stata la sua prossima tappa.

Un altro uomo di colore ma non originario del Gambia, ha detto David, lo ha aiutato a trovare lavoro presso un arabo in città. Lavorare alla betoniera era molto faticoso perché non era pratico del mestiere  e non era nemmeno sufficientemente in forze per sopportare il carico di lavoro. Sollevare troppo peso gli faceva pressione al cuore, già debole di suo e quindi aveva spesso dolori al petto. Ha resistito mezza giornata guadagnando 20 dinari per poi andarsene.

È tornato al punto di arrivo, al campo dove è rimasto insieme a più di 200 altri migranti. C’erano circa dieci stanze ma non erano abbastanza grandi per ospitare tutti, perciò alcune persone dormivano fuori. C’erano poco cibo e poca acqua. David ha vissuto lì per due mesi.

In quel periodo, ha trovato un lavoro alternativo come giardiniere e addetto alle pulizie. Guadagnava 10 dinari al giorno, che corrispondono  a circa 7,46 dollari americani,  poco più di 6 euro. Il suo datore di lavoro però gli ha anche pagato la traversata da Garabulli.

In quei cinque mesi sono impazzito.
A volte ero privo di sensi.
 


È arrivato sulla costa ed ha aiutato a spingere la barca in mare. Dopo due ore in mare il viaggio era già finito: è stato catturato dalla polizia libica e imprigionato a Tripoli. Da qui la storia di David si trasforma in un incubo.

David sostiene che l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM) era in contatto con le autorità libiche che lo avevano catturato, le quali avevano dichiarato che i migranti che avevano arrestato sarebbero stati deportati e non imprigionati.

David ha scoperto poi che erano solamente chiacchiere intese a  tranquillizzare l’OIM, perché ha passato cinque mesi in una prigione chiamata Soulehadi*.

“In quei cinque mesi sono impazzito. A volte ero privo di sensi”, mi ha detto David.

È stato picchiato pesantemente sulla testa con il calcio di una pistola per quasi una settimana.

Gli avevano ordinato di chiamare la sua famiglia per chiederle soldi. C’è un contatto a Tripoli che i migranti chiamano, e successivamente il contatto a Tripoli connette il familiare designato dal paese di origine del migrante. David ha detto alle guardie che nessuno nella sua famiglia aveva soldi e proprio per questo non aveva mai provato a chiamarli. Lo hanno picchiato in testa e sulle ginocchia con qualcosa simile ad un tubo.

Un giorno gli oltre 200 detenuti hanno organizzato una fuga. David è stato uno  tra i primi a scappare. Nel trambusto, molti di loro, tra cui lui, sono caduti a terra. Si è rialzato e ha proseguito barcollando senza una meta precisa. Ha visto un aranceto in lontananza e vi si è diretto per nascondersi. Ha mangiato un’arancia per riprendere energie. Erano mesi che non aveva accesso a cibi contenenti vitamina C. Ha ripreso a correre, sempre senza una direzione precisa e, dato che scappava dalla prigione, non indossava scarpe, fatto che ha attirato l’attenzione di un uomo lì vicino.

Era un cacciatore, dice David, che lo ha chiamato per aiutarlo. David era restio, ma si è avvicinato  comunque. Gli ha detto il nome della prigione dalla quale stava scappando e l’uomo sapeva che era un brutto posto.

David ha descritto com’era dentro. C’erano più di 50 donne tenute separate dagli uomini ed è stato esplicito nel dire che queste si trovavano in una situazione peggiore. Non ha notizie, tuttavia, di abusi sessuali. La gente era malata e morente, ma non c’erano infermiere o dottori a disposizione. 

 
…i migranti venivano venduti…
per circa 500 dinari
 


L’uomo alla fine l’ha aiutato a trovare un dottore perché gli facevano molto male le ginocchia e aveva altri tagli e lividi gravi per tutto il corpo. Aveva mal di testa a causa dei colpi che gli avevano inflitto. Dice di aver perso il senso del tempo e i giorni della settimana. Proprio per questo non è sicuro di quanto tempo ha passato a Tripoli prima di raggiungere nuovamente la costa.

Si è ripreso abbastanza per poter lavorare come giardiniere e addetto alle pulizie. Sapeva di “molte persone” che sono state portate ad un mercato dove i migranti venivano venduti dai propri “datori di lavoro” per circa 500 dinari a persona, a volte anche 1000. Lui era uno di questi.

È arrivato al campo costiero di Sabrata dove è rimasto per due mesi. Aveva male al petto. Non c’erano letti e neanche un pavimento, quindi dormiva per terra nella boscaglia. C’era solo acqua del rubinetto da bere che non era potabile perché non depurata. Mangiava un porridge di farina e acqua, a volte gli davano della pasta, spaghetti o maccheroni, o a volte un po’ di riso. A volte però, non importava cosa avesse mangiato, vomitava. Probabilmente a causa della scarsa qualità dell’acqua che lo faceva stare male.

David ha attraversato il Mediterraneo su un gommone alle 4 del mattino con altre 141 persone, comprese più di 15 donne, un bambino e un neonato. David ha raggiunto Lampedusa sabato 15 aprile 2017.

“Grazie a Dio, sono salvo”, ha detto.

David è un essere umano straordinario.

Read David's one-year followup story, recorded May-June 2018 >

* Il nome della città e l’ortografia non sono stati verificati. 

Traduzione: LU