Vi Presento Issaka

Mendicino, Calabria. 19 febbraio 2019. ©Pamela Kerpius

Mendicino, Calabria. 19 febbraio 2019. ©Pamela Kerpius/Migrants of the Mediterranean

 



Vi Presento Issaka.

Ha 26 anni ed è originario del Ghana.

Per raggiungere l’Italia ha attraversato quattro paesi: il Ghana, il Burkina Faso, il Niger e la Libia, il più pericoloso di tutti.

È partito dal Ghana nel settembre del 2015 e il suo viaggio è durato circa un anno.

Si è fermato a Niamey, in Niger, prima di arrivare ad Agadez dopo circa una settimana. Lì stava in un campo con altre 25 persone. Ognuno contribuiva con quel che aveva per comprare del cibo. Ha pregato molto Dio. Sia lui che gli altri avevano paura.

Ha attraversato il deserto del Sahara sul cassone di un pick-up con 25 persone, tra cui quattro donne. Ci hanno impiegato una settimana. Sono morte almeno tre persone su quel mezzo. Sono cadute a terra. Il pick-up si è fermato così che gli altri potessero coprire i cadaveri  con la terra.

“Potevamo solo pregare per loro” Ha detto prima di abbandonare i loro corpi.   

“Non sai qual è la destra o la sinistra. Vai semplicemente avanti”.

Il motore si è rotto e ha peggiorato il viaggio. È stato due giorni interi senz’acqua. La gente beveva urina per poter sopravvivere, “pisci e bevi” ha detto.

La sua prima tappa in Libia è stata el-Gatrun. Una breve fermata prima di arrivare alla sua vera prima destinazione, Sebha, in Libia.

C’erano circa 100 le persone nel ghetto a Sebha, costrette a bere acqua salata. Veniva dato loro da mangiare un pezzo di pane al giorno. I trafficanti hanno chiesto dei soldi a Issaka, ma lui non ne aveva. Veniva picchiato, come tutti gli altri. È rimasto bloccato a Sebha per un mese.

“In Libia è impossibile avere un po’ di tranquillità”, ha confessato.

Si è trasferito a Tripoli e ha vissuto in una casa per un mese mentre cercava lavoro. È partito poi per Zawiya, sulla costa, dove è rimasto per una settimana. Per bere e per lavarsi c’era solo l’acqua salata del rubinetto. Per questo motivo la gente aveva infezioni cutanee, scabbia e piaghe.

Ha tentato di attraversare il mare. La sua imbarcazione è stata però fermata e tutti i passeggeri sono stati picchiati e imprigionati a Zawiya. L’hanno rinchiuso in una stanza minuscola. Poteva uscire giornalmente poiché un uomo del posto ha pagato la guardia per poterlo farlo uscire e lavorare. Issaka veniva pagato qualche spicciolo per il suo lavoro. Dopo tre settimane è stato rilasciato dalla prigione.

Dopo quello che era successo non voleva più attraversare il mare, ma c’erano scontri in Libia e ha capito che non c’era altra scelta possibile: “Parto per sopravvivere”.

Parto per sopravvivere.


Issaka ha attraversato il Mediterraneo su un gommone nel mezzo della notte con 120 persone, compresi un infante di un anno, due o tre bambini e circa 30 donne. Aveva paura perché pensava che là fuori, sul mare, “può succedere di tutto”. È rimasto sul gommone per due giorni prima di essere salvato da una nave di soccorso tedesca. Erano così tanti a bordo che è stato trasferito sulla nave di soccorso di Save The Children, per poi raggiungere finalmente la Sicilia il 12 settembre 2016.

Ha esclamato, come tutti, più e più volte: “È solo grazie a Dio se siamo ancora vivi”.

Issaka è un essere umano straordinario.

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